Una leggenda racconta che
l’allora allenatore della Fiorentina “mo’ sviene” Ericksson propose
all’allora allenatore della Roma, Nils Liedholm, lo scambio
Gerolin-Roberto Baggio e che il barone di tutta risposta non accettò.
Sfiorò dunque la Roma ma vestì, eccome, la maglia viola.
La carriera di Roberto
Baggio non l’ha visto protagonista solo con la maglia della Fiorentina
ma è cominciata col Vicenza, che ha visto i suoi natali in quel di
Caldogno il 2/18/67, e, proseguita all’ombra di S.Croce e Ponte Vecchio,
vive alla Juventus anni da protagonista a livello mondiale, per poi
passare al Milan, dopo al Bologna, quindi Inter e infine Brescia.
Nel Vicenza subisce un
infortunio al ginocchio, cosa che alcuni hanno visto come una sfortuna
nella fortuna, un po’ come capitò ad un altro fuoriclasse del calcio
mondiale, Diego Armando Maradona. Il Pibe de Oro fu steso da un
intervento da tergo, che gli infortunò seriamente la caviglia, mettendo
seriamente a repentaglio la carriera. Molti in realtà attribuiscono i
magici tiri ad effetto di Maradona proprio a quell’infortunio…
Sarà ma si dice che la
classe non è acqua, proprio perché non è semplice come essa e non si può
spiegare in maniera così superficiale… forse non si può spiegare e
basta.
La stella di Roby Baggio
comincia a brillare nella Fiorentina, regalandoci perle di classe pura,
come il goal realizzato a Napoli, in cui, partendo da centrocampo, salta
come birilli in dribbling sei giocatori, prima di mettere a terra il
compianto Giuliani e depositare tranquillo la palla in rete; un goal
alla Maradona appunto. La sua stella brilla così luminosa che l’Avvocato
Agnelli decide che è in uso regalare ad una signora, il più prezioso dei
gioielli.
Un po’ per la disperazione
di avere come compagno di squadra un giocatore di nome “prende sempre 4”
Mario Lacatus (e ci sarà un motivo…) e un po’ per la cascata di miliardi
che la Juventus versò nelle casse della Fiorentina (si parla dell’ordine
della ventina), Roberto Baggio nella stagione 1990/1991 passa alla corte
di Maifredi, insieme ad altri elementi più o meno noti. Il passaggio del
fantasista di Firenze, manda in subbuglio l’intero capoluogo toscano,
tanto da temere un’agitazione civile. Sono gli antefatti di Italia ’90,
è la notizia-bomba che precede un mondiale che vedrà protagonista il
Nostro insieme al bomber siciliano Schillaci.
Con la maglia della
Juventus quell’anno Roberto Baggio raccoglie 33 presenze e 14 goals,
altalenando prestazioni magiche, a mezze figure… si parlava di lui come
di un fuoriclasse discontinuo: luce ad intermittenza. Di quella stagione
mi ricordo un goal alla Del Piero contro il Parma, liquidato con un
secco 5-1, con un incolpevole Taffarel a guardare l’incredibile
traiettoria imposta al pallone.
Si comincia ormai a parlare
di goal alla Baggio, quando la stagione successiva Roberto mette a segno
18 reti, segnando l’inizio della seconda era Trapattoni, considerata
transitoria per il ciclo Lippi.
Il 1992/1993 è la stagione
in cui la Juventus di Trapattoni e Roberto Baggio vince la Coppa Uefa,
facendo splendere in bacheca un nuovo trofeo, visto che la Signora è a
digiuno ormai da quattro anni. La Juventus si impone in finale contro il
Borussia Dortmund, nel doppio scontro vissuto a Torino al ritorno (3-0
per noi) e a Dortmund all’andata (3-1 sempre per noi), luogo in cui
Roberto Baggio è osannato da tutti i quotidiani del calcio tedesco come
“Il Dio del calcio!”. In realtà il grande Vladimiro Caminiti già da
tempo ha ribattezzato Roberto Baggio, il Divin Codino; fu premonitore.
L’anno successivo
l’Avvocato Agnelli lo ribattezza invece “coniglio bagnato” perché si
vuole che Roberto Baggio sia più leader, perché la Juventus ha fame di
scudetto: una fame lunga quasi sette anni.
Corre infatti la stagione
1994/1995 quando alla guida della Signora c’è Marcello Lippi, che ne
dica lui, il Paul Newman del calcio italiano. L’Italia ha appena perso
(e si può proprio dire perso, considerando la lotteria dei rigori) il
mondiale proprio con un errore del “Coniglio Bagnato” dal dischetto. In
squadra ci sono anche Vialli, Ravanelli, Deschamps, Carrera e Ferrara:
uno squadrone. Lui, il Divin Codino, è protagonista insieme ai suoi ma
sul finire della stagione, in seno alla Juventus è nata una nuova
stella, che col suo bagliore rischia (e ci riesce) di offuscare quella
di Roberto Baggio. Finisce il suo tempo alla Juventus, che sembra esser
sempre ingrata nei confronti dei suoi giocatori, campioni o brocchi che
siano, ma che ha una storia da rispettare e che non va mancata mai di
rispetto, comportandosi sempre in modo onesto nei confronti di chi ha
vestito la sua gloriosa maglia.
Roberto Baggio lascia la
Juventus materialmente ma non la lascia nel cuore dei suoi tifosi, nella
sua storia, nella sua bacheca e, più importante, nel cuore della Vecchia
Signora.
L’ex Divin Codino ha il
tempo, l’anno successivo, di vincere il secondo scudetto consecutivo col
Milan, imponendo così la sua legge nel campionato, anche se proprio in
quell’anno la Vecchia Signora siede sul trono d’Europa.
La stagione successiva
1996/1997, Baggio viene inghiottito dalla proverbiale panchina lunga del
Milan, fino a temerne non il ritiro ma l’abbandono del nostro campionato
a favore di quello nipponico, da sempre grande estimatore del Nostro;
come biasimarli.
Lui che da tempo è
buddista, sceglie invece Bologna e lo stadio felsineo, per tornare a far
splendere la sua stella. Alla guida dei rossoblu quell’anno c’è Mazzone,
un santone del calcio italiano, che succede ad un sofferente Ulivieri.
Roberto Baggio si presenta
al via con un nuovo look: ex Divin Codino anche di fatto, testa rasata
con taglio militare. Celebre quell’anno il suo modo d’esultare al goal,
portandosi le mani alle orecchie, precursore di una moda seguita poi da
altri calciatori. Lui, il Dio del Calcio, ha voglia di sentire i suoi
spettatori. Quell’anno Roberto Baggio mette a segno addirittura 22 goals,
facendo invocare la sua presenza per i mondiali di Francia 98… lasciamo
perdere il risultato e Del Piero per cortesia.
Si innamora di lui l’Inter,
che con Marcello Lippi (???) in panchina, regala la coppia d’attacco
Baggio-Ronaldo ai poveri tifosi interisti… che neanche con loro… vabbè.
Nasce in quelle due
stagioni in cui vive a Milano, sponda interista, il disaccordo con Lippi,
tale da fare scalpore nel suo libro, in cui parla del suo allenatore
senza peli sulla lingua. D’altra parte 42 presenze e “solo” 9 goals in
due anni, la dicono lunga: a Milano Baggio non deve giocare.
Col nuovo millennio,
stagione 1999/2000, Roberto Baggio passa nelle file del Brescia, squadra
a cui è legato tuttora, squadra a cui ha regalato 32 goals in tre anni,
con cui ha digerito un recupero record all’ennesimo infortunio al
ginocchio, e con cui ne ha fatti già 7 quest’anno, arrivando a toccare
la mitica quota 200 goals nel campionato italiano; entra così nella
leggenda.
In che modo segna Roberto
Baggio: in tutti i modi! Lui, il Dio del Calcio, decide quando e come
segnare. Anche di testa, a dispetto del suo metro e 74 centimetri come
contro il Milan. Lui stoppa alla Zidane, finta alla Ronaldo, lancia alla
Maradona, tira alla Del Piero… può, se vuole, fare tutto. Lui è Roberto
Baggio, uno che da solo vale il prezzo del biglietto.
Si invoca a Roberto Baggio
per la partecipazione ai prossimi europei, come lo si è invocato per la
partecipazione ai Mondiali di Corea e Giappone. Ma la sua storia con la
nazionale è finita in Francia… no! In realtà gli regaleranno
l’amichevole con la Spagna ad aprile.
Che il Dio del Calcio
perdoni questi profani!
Firmato Brando
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